Formazione al palo insieme ai fondi Pnrr

Puntuale come un orologio svizzero, anche quest'anno è ripartita la caccia ai lavoratori stagionali: bagnini, camerieri, cuochi, lavapiatti etc. Secondo alcune stime, da Nord a Sud ne mancherebbero circa 4mila. Sebbene il loro numero sia quasi raddoppiato fra il 2018 (660.585) e il 2022 (1.018.089), come dimostrano i dati dell'Osservatorio sul precariato dell'Inps, anche ora che il Reddito di cittadinanza è stato definitivamente cancellato c'è chi prova ad addossargli le colpe della presunta carenza di manodopera.
Un'analisi superficiale del problema, che ha tutt'altre cause: bassi
salari, orari lunghissimi, lavoro in nero, per fare degli esempi. Circostanze
figlie - salvo rare eccezioni - dall'assenza nel nostro Paese di adeguati servizi
per il lavoro, volti a favorire l'inserimento o il reinserimento delle persone
nel mercato. Per dirla, anche in questo caso, con i numeri: secondo un'analisi
dell'Istat, nel 2023 la percentuale di chi si è rivolto a parenti e amici per
cercare un'occupazione è stata del 76,6% (+1,2%). Significa oltre 3 individui
su quattro. È dunque evidente che cittadini e imprese considerino i centri per
l'impiego (Cpi) come dei non-luoghi. Anche le agenzie per il lavoro (operatori privati)
non sono tanto meglio: stando all'indagine Inapp "I canali di ingresso nel
mondo del lavoro" (2022), fra il 2011 e il 2021 questo canale è stato utilizzato
nel 6,4% dei casi contro il 4,2% dei Cpi.
Eppure, nella scorsa legislatura il tentativo di miglioramento delle
politiche attive non è mancato. Anzi. Nel 2019, il governo Conte I varò un piano straordinario di
potenziamento dei suddetti centri, che all'epoca potevano contare soltanto su
8mila addetti contro i 110mila della Germania e i 54mila della Francia. Con le
Regioni, titolari della gestione delle politiche attive,
quali soggetti attuatori, lo stesso piano prevedeva l'assunzione di 11.600
nuovi operatori nei Cpi - da non confondere con i navigator - e lo stanziamento
di un miliardo di euro. Il tutto si sarebbe dovuto concludere entro il 2021. Come
è andata a finire? Al 30 settembre 2023, quasi due anni dopo la scadenza
fissata, secondo i dati forniti dal Ministero del Lavoro in XI commissione alla
Camera erano state assunte solo 5.548 unità di personale. In pratica, meno
della metà: 47,8%. Fanalini di coda sono la Sicilia, con appena 137 ingressi su 1.246 (11%), e il Molise, che avrebbe dovuto
inserire 75 addetti ed è ancora fermo a zero.
Anche il Pnrr ha
destinato ingenti risorse al capitolo lavoro, ma - secondo la quarta relazione
sullo stato di attuazione del Piano diramata il 22 febbraio scorso - fra il
2021 e il 2023 è stato speso lo 0,81% dei 7,2 miliardi assegnati al dicastero di
via Veneto, vale a dire 59 milioni. Di questo passo, cambiare le cose sarà
impossibile.
Articolo pubblicato martedì
19 marzo
2024 su La Notizia