I numeri del lavoro che il governo fa finta di non vedere

29.02.2024

C'è un detto e (soprattutto) un non detto quando in tv si parla dei dati sul lavoro. Come già fatto notare la settimana scorsa sulle colonne di questo giornale, da mesi gli esponenti di maggioranza e governo che imperversano dalla mattina alla sera sul piccolo schermo sventolano la bandiera dell'aumento degli occupati come simbolo del loro indefesso operato. Poco importa se la ripresa del mercato del lavoro sia iniziata dal II trimestre del 2021: ogni scusa è buona per attaccare gli avversari con scempiaggini come "un tempo la sinistra difendeva il lavoro, oggi difende il Reddito di cittadinanza". Ma grattando sotto la superficie dell'apparenza non è tutto rose e fiori.

Gli ultimi dati Istat segnalano infatti che a dicembre scorso l'occupazione è aumentata di appena lo 0,1% (+14mila unità) "tra gli uomini, i dipendenti a termine, gli autonomi e gli under 34", mentre è calata "tra donne, dipendenti permanenti e tra chi ha almeno 35 anni". Altresì, il tasso di inattività è salito al 33,2%. Pochi giorni fa è stato invece l'Inps a diramare numeri non proprio rassicuranti. A gennaio, l'Istituto di previdenza ha autorizzato oltre 49 milioni di ore di cassa integrazione, il 68,6% in più rispetto al mese precedente e il 16,8% in più in confronto all'anno prima. La Cig ordinaria, che le imprese usano per rispondere alle crisi di breve durata, è schizzata in alto: +44,4% sull'anno e +16,3% sul mese. Nel Nord-Est si è registrato il picco: +103,26% nel confronto tendenziale, con punte nelle Marche, in Emilia-Romagna e in Veneto. Brutte notizie sono arrivate anche sul fronte della Cig straordinaria: +219,2% su dicembre 2023.

Sullo sfondo di tutta la faccenda aleggia lo spettro dei salari stagnanti. Negli ultimi due anni e mezzo in Italia l'inflazione è aumentata di più delle retribuzioni contrattuali. Non a caso, a un'occupazione che sale fa da contraltare un Pil che scende. Una recente ricerca di Intesa Sanpaolo ha evidenziato che la ripresa del mercato del lavoro è stata trainata da settori ad alta intensità di manodopera ma a bassa produttività, come i servizi, dove gli stipendi sono più bassi. È un cane che si morde la coda.

L'introduzione di un salario minimo legale potrebbe aiutare a invertire la rotta? Certamente sì. Secondo Eurofound, negli ultimi dodici mesi nei Paesi europei in cui esso esiste le retribuzioni nominali hanno fatto segnare aumenti che - in taluni casi - hanno quadruplicato il tasso di inflazione. Ma la Destra non ne vuole sentir parlare e insiste sul "semplice" rafforzamento della contrattazione collettiva, finanche di secondo livello. Secondo l'Inapp, l'applicazione di quest'ultima da noi è ferma al 4%. Contenti loro…

Articolo pubblicato mercoledì 28 febbraio 2024 su La Notizia

© 2023 Giorgio Velardi. Tutti i diritti riservati.
Creato con Webnode Cookies
Crea il tuo sito web gratis! Questo sito è stato creato con Webnode. Crea il tuo sito gratuito oggi stesso! Inizia